Salerno, in tutta la sua bellezza.

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    CITAZIONE (-Antonio87 @ 21/9/2023, 10:47) 
    E me lo potevate dire prima, che esisteva questa sezione

    Ehhh nemmeno io ricordavo più!!
    Ero giovane e ingenuo quando la creai, avevo ancora meno di 50 anni!
     
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    CITAZIONE (Capitan Zucchini @ 21/9/2023, 22:20) 

    Fantastico, sono quasi due secoli di tradizione, e mi par di capire persino immutata.
    L’urbanità e benevola accoglienza da parte dei commercianti è rimasta?


    Ho trovato questo su Salernum in un fantastico sito dedicato all’Impero Romano:
    www.romanoimpero.com/2017/11/salerno-salernum-campania.html
     
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    Le componenti storico-culturali della Scuola Medica Salernitana

    La prima e la più rilevante istituzione culturale d’Europa per l’intero periodo medioevale, durante il quale conobbe il massimo splendore, e nei secoli successivi.

    -

    La storia del pensiero medico italiano ed europeo ha radici meridionali molto antiche e di queste le più importanti testimonianze giunte sino a noi sono tutt’ora oggetto di ricerche e di studi da parte di molti specialisti di diverse scienze. Un approfondimento dell’aspetto culturale, storico, sociale e politico del periodo medioevale ci aiuterà a comprendere meglio come si è articolata l’evoluzione della conoscenza medica e particolarmente di quella dermato-venereologica.

    Un ruolo di primaria importanza deve essere attribuito alla Scuola medica salernitana che, sotto l’aspetto medico-scientifico, è stata la prima e la più rilevante istituzione culturale d’Europa per l’intero periodo medioevale, durante il quale conobbe il massimo splendore, e nei secoli successivi. Infatti, la Schola ha avuto una determinante importanza nella creazione e nella conservazione di un corpo di dottrina medico-chirurgica e di un interesse per la ricerca scientifica.

    Infatti, la scuola salernitana ha determinato un fondamentale processo evolutivo culturale creando le basi scientifiche per la nascita della medicina attuale, testimoniate da alcuni testi di approfondimento didattico adottati per secoli da medici e studenti. Tra i più diffusi e longevi dell’epoca medioevale ricordiamo il Regimen sanitatis salernitanum, importantissimo per didattica, divulgazione di precetti terapeutici, norme igieniche quotidiane, rimedi vegetali, proprietà degli alimenti e loro attività terapeutica. Il testo ebbe un'enorme rinomanza e fu tradotto in quasi tutte le lingue europee, circa 40 edizioni, entro il 1501. Purtroppo, nonostante la notorietà dell’opera, alcuni studiosi ebbero poca considerazione della storia dei medici e della medicina salernitana, al punto che Girolamo Tiraboschi (storico della letteratura italiana, 1731-1794) nella sua Storia della Letteratura Italiana riportò che «le notizie riguardanti sia le persone sia le opere dei medici salernitani erano assai dubbiose ed oscure».

    Nel 1837, nella biblioteca del «Magalaenen Gymnasium» di Breslavia, fu ritrovato il Compendium Salernitanum, un’imponente raccolta di 35 trattati, estratti e rielaborazioni di testi salernitani. Gli studi del manoscritto del XII secolo da parte di August Henschel suscitarono un ampio interesse, in particolare anche nel medico e storico francese Charles Victor Daremberg (1817-1872) e nel medico e scrittore italiano Salvatore De Renzi (1800-1872), entrambi protagonisti nella ricerca storica medica medioevale.

    Le antiche radici della medicina medievale salernitana, archetipo di tutta la medicina occidentale, risalgono essenzialmente alla civiltà greco-romana e ai suoi esponenti, in particolare Ippocrate da Kos (460-337 a.C.) e Galeno da Pergamo (129-216 d.C.).

    La cultura greca, di cui Ippocrate è stato uno dei massimi rappresentanti, ha posto le basi della medicina sperimentale e scientifica; lo testimoniano il Corpus hippocraticum e il De Natura hominis. Si tratta di una medicina che, pur seguendo scoperte innovative, si integra con altre forme di medicina molto comuni a quell’epoca, come quella magica, religiosa e templare. Già Ippocrate introduce termini dermatologici come alopecia, herpes, erisipela, condiloma, lichen, oggi ancora usati. Anche il suo campo terapeutico è amplissimo comprendendo purganti (Ricino e Elleboro), diuretici (Prezzemolo e Sedano), astringenti (corteccia di Quercia), emetici (Issopo) e persino narcotici (Belladonna e Oppio). Un dato sorprendente e predittivo è che Ippocrate ipotizza addirittura che molte eruzioni cutanee non siano altro che epifenomeni di patologie sistemiche.

    In età imperiale romana, la teoria tetraumorale viene rielaborata da Galeno di Pergamo (129 - 201 d.C. circa) come sintesi di una complessa articolazione disciplinare tra scienza, nella sua parte teorica, e arte, nell’atto pratico. Nella pratica terapeutica, in base al principio fondamentale «contraria contrariis curantur», Galeno utilizza sia farmaci “semplici” (naturali) che “composti” (contenenti più semplici).

    Galeno e Ippocrate, pur avendo due approcci ben distinti al problema della malattia, sono considerati padri della medicina. Il pensiero di Ippocrate si orientava maggiormente sulla visione quanto più particolare e soggettiva del “malato”, mentre Galeno affrontava la “malattia” attraverso i segni oggettivi. Entrambi forniscono anche un modello diverso di insegnamento e del rapporto interdisciplinare fra auctor ed exspositor (commentatore e divulgatore degli scritti), le dinamiche saranno poi adottate nella didattica medica della Scuola Salernitana.

    Nel percorso evolutivo dell’antica medicina sono anche da menzionare Erofilo di Calcedone (330/320-260/250 a.C.) ed Erasistrato di Ceo (330/250 a.C.), autori ai quali si devono importanti acquisizioni di anatomia e fisiologia; ancor più nel I sec. d.C. Dioscoride Pedanio (40-90 d.C.), con il suo il De materia medica in cinque libri, resta un’opera di fondamentale importanza in ambito farmacologico per i successivi dieci secoli.

    Per meglio comprendere le complessità culturali dello sviluppo scientifico bisogna precisare che, nel corso del V secolo a.C., nelle vicinanze di Salerno, era già attiva la Scuola Eleatica; importantissima scuola medico-filosofica presocratica con la città di Elea come centro culturale.

    Questa colonia greca dell’antica Lucania entrò attivamente nella sfera politica e culturale ateniese e successivamente in quella romana con il nome Velia. L’ampio coinvolgimento della città nei culti, nella monetazione e nella tradizione è ben documentato anche da Platone e Plutarco che riferiscono nei loro testi il viaggio ad Atene di Parmenide e del suo allievo Zenone, personaggi di enorme risonanza nella stessa scuola. Operarono in questa fiorente scuola medica eleatica anche il militare greco Melisso di Samo (470-430 a.C.), anch’egli seguace di Parmenide, i filosofi Xenofane di Colofone (570-475 a.C.) e Leucippo (V sec. a.C.) ed infine il grammatico Stazio (45-96 d.C., rètore italiota e padre del più famoso poeta latino Publio Papinio). In età romana, Velia è ricordata per l’idroterapia fredda, il suo clima mite, l'ospitalità degli abitanti e l'alto tenore di vita, per questo mèta di numerose personalità politiche, tra le quali ricordiamo Cicerone, Paolo Emilio, Orazio e Bruto che, dopo l'uccisione di Cesare, si rifugiò nell’accogliente polis della Magna Grecia.

    Il medico e studioso Pietro Ebner (1904-1988), in seguito alle recenti scoperte archeologiche nella città di Velia, ha ipotizzato che a Salerno già erano presenti gruppi di medici di tradizione latina e che l’arrivo di cultori velini sia stato determinante al fine di orientare l’organizzazione della Schola sui modelli eleatici. Inoltre, ha stabilito che a Velia erano presenti le corporazioni definite Eterìe, importanti collegi di persone dotte a capo delle quali vi era il folàrco (pholarchos). La corporazione o collegio, alle quali sicuramente partecipavano anche le donne, era certamente in rapporto con il tempio di Asclepio. In supporto all’affascinante ipotesi di continuità culturale tra la Scuola Medica Eleatica e la crescita e l’evoluzione della Scuola Medica Salernitana, vi sono anche il ritrovamento, nella stessa Velia, di frammenti di un altare e di un pozzo attiguo, caratteristici dei santuari del dio della medicina, con la presenza adiacente di un sotterraneo per il culto infero dello stesso dio. In questo luogo, nei pressi di Porta Marina, è stata trovata anche una stele raffigurante Parmenide e una statua di Asklepios. In un’iscrizione ritrovata su uno di questi frammenti c’è un preciso richiamo all’Ouliades, riferito ad Apollo Oulios (termine che letteralmente significa “guaritore delle ferite”), che allevia i mali fisici dell’essere umano attraverso il padre Asklepios. Per la prima volta tutti questi ritrovamenti costituiscono una testimonianza concreta del grande prestigio medico-filosofico eleatico.

    Durante la caduta dell’Impero Romano (395-476 d.C.), le incursioni barbariche e le scorribande dei pirati saraceni, indussero le popolazioni delle campagne e dei piccoli centri indifesi, compreso i cittadini di Velia, a trasferirsi in città più grandi e sicure, come Napoli e Salerno; quest’ultima sicuramente la più vicina e famosa.

    La reale diffusione che portò ai più importanti progressi della scienza medica in epoca medioevale si sono concretizzati soprattutto attraverso scambi economici. La presenza dei porti a Salerno e alla vicina Amalfi è stata determinante per lo scambio di attività commerciali con altri paesi che sicuramente hanno contribuito all’acquisizione di molti influssi culturali. Grazie al ruolo decisivo del Mediterraneo, che ha favorito i rapporti economici, la cultura orientale penetrò notevolmente nell’Italia del Sud, lasciando un’importante eredità di civiltà e tecnologia. La tradizione medica salernitana non ha avuto un epicentro culturale ma si è formata in tutta l’area mediterranea; nella regione occupata dalla città di Salerno, crocevia di molte culture diverse tra loro, si realizzò quindi un ottimo esempio di sincretismo ideologico, culturale, politico e religioso.

    Le ricerche, sia classiche che recenti, sono confermate dallo storico e filosofo Paul Oskar Kristeller che, nel suo testo “Studi sulla scuola medica salernitana”, sottolinea l’evoluzione culturale di esperti medici empirici che conducono la Schola verso un vero e proprio Collegium doctorum. Anche Massimo Oldoni, studioso della storia e delle culture del Medioevo in Europa, afferma che la Scuola salernitana s’innestò su pregresse basi filosofiche e scientifiche. Tutti gli autori hanno evidenziato, oltre all’influenza della cultura greco-latina, l’apporto e l’influsso determinante della cultura bizantina con Gregorio il patrizio (intorno al ‘600), araba con Avicenna (980 - 1037), ebraica con Mōsheh ben Maymōn (Mosè Maimònide) (1135 – 1204), solo per citare alcuni nomi più noti. A quest’ultimo è attribuita la prima stesura del Regimen sanitatis salernitanum (1193), dedicata al figlio del Saladino.

    Con queste premesse, si può affermare che l’attività della Scuola Medica Salernitana non è collocabile in un preciso momento storico, ma è dinamicamente presente nella tradizione medico-terapeutica della regione, considerata da sempre un luogo favorevole allo studio e alle cure. Lo sviluppo della cultura scientifica si è mantenuto vivo attraverso l’azione e lo studio di molti medici attorno ai quali si sono formati gruppi di studenti che hanno permesso una continuità culturale e un approfondimento scientifico progressivo.

    Come prima accennato, il mediterraneo è stato il “trait d'union” di varie culture che si sono interfacciate tra loro e tra queste, una delle più importanti, è stata quella araba.

    La scuola di Alessandria, nel VI secolo d.C. ha avuto una enorme influenza nella formazione culturale bizantina e siriaco-araba fino a quando la tradizione medica bizantina fu travolta dalla decadenza dell’Impero Romano. Successivamente, dopo i successi bellici da parte degli arabi (642 d.C.), il centro culturale si delocalizza da Alessandria (dove lo stesso Galeno vi studiò per cinque anni) a Costantinopoli. La fusione con elementi della medicina greca conservatisi nella cultura latina, renderà il territorio fertile per la ricezione del pensiero di Galeno e altre fonti culturali – sia bizantine che arabe – accresciutasi dall’XI secolo d.C. in poi, quando ormai il dominio bizantino era in decadenza.

    Con il termine di medicina araba non si fa riferimento all’etnia araba, ma a una comunità intellettuale che condivide il sapere, nell’accezione più ampia del termine, con le leggi impartite dalla fede coranica.

    La medicina del mondo islamico, con la principale sede a Bagdad, rappresenta un capitolo di notevole importanza nella storia della nostra scienza ed ebbe enorme diffusione nei territori occidentali fra l’VIII ed il IX secolo; tutto ciò diede un nuovo impulso alla ricerca e allo studio della medicina ed in particolare alle malattie cutanee. Dal 622, anno dell’Ègira, la medicina araba, a sua volta, mostra il condizionamento dell’antico sapere greco influenzata ulteriormente da un substrato di carattere orientale; ciò si evince dalle numerose nozioni riguardanti l’igiene, la salute, le malattie e il loro trattamento. Cito brevemente Avicenna (980-1037) formatosi culturalmente su intuizioni e studi di Ibn Masawayh (777 - 857) (conosciuto in occidente come Mesuè il Vecchio) di origini persiane, e, sempre delle stesse origini, di Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā' (854 – 925), in breve al-Rāzī (Rhazes). Rhazes e Avicenna sono ritenuti grandi clinici medievali e tra i più influenti medici arabi sia in Oriente che in Occidente.

    La città di Baghdad, nell’830 d.C. con la Bayt al-Ḥikma (Casa della Saggezza/Sapienza) (una delle più importanti istituzioni culturali del mondo arabo-islamico), sarà di modello per nuove scuole a Cordova e, successivamente nel X secolo, anche Siviglia e Toledo. Le istituzioni ispaniche, nel XII secolo, saranno attive nelle traduzioni dall’arabo al latino di importanti testi medici, fondamentali per tante altre scuole arricchite dal passaggio del patrimonio medico arabo-andaluso dall’Oriente islamico all’Occidente cristiano. Nel territorio dell’Andalusia, ricorderemo Aven Roshd (Averroè) (1126-1198), Aben Zohar (1142-1216) e ancor più Avicenna, definito princeps medicorum, sapiente autore del Canone della Medicina (Qānūn), una ordinata e completa ricapitolazione della medicina ippocratico-galenica, e Il libro della guarigione (Kitab Al-Shifaʾ), un'enciclopedia scientifica.
    Questi testi comprendono i meccanismi della fisiologia umana, gli argomenti di microbiologia e la descrizione delle malattie a trasmissione sessuale. Avicenna valuta inoltre la differenza fra sindrome e malattia, descrive la pulizia e la medicazione delle ferite per una più precoce cicatrizzazione.

    Certamente il loro lavoro anticipa le scoperte delle future scienze mediche salernitane.

    Infatti a Salerno, centro del grande crocevia culturale internazionale, si procede sapientemente alla sistematizzazione, elaborazione ed aggiornamento dei testi e delle conoscenze dell’epoca.

    Quindi la Schola, intesa come centro di studio, di ricerca e di cura, si è sviluppata lentamente attraverso il confronto di più conoscenze e il contributo di singoli attori medici.

    I più importanti testi medici salernitani, giunti a noi, risalgono all’XI secolo; ne cito solo alcuni di interesse medico, ed in particolare dermatologico, come il Passionarius di Garioponto e il Circa instans di Matteo Plateario.

    Nell'XI secolo, il medico Garioponto (o Guarimpoto, un monaco di probabile origine longobarda, morto nel 1050) formatosi in questa scuola, scrisse il Passionarius, un trattato che riporta con precisione tutte le malattie allora conosciute indicandone il rispettivo trattamento. Uno dei maggiori meriti che gli si attribuisce è di tipo linguistico: egli, infatti, traducendo in latino -o latinizzando- termini di origine greca/araba/turca ha coniato lemmi come gargarizzare, cicatrizzare e cauterizzare, segnandone l’ingresso nella terminologia scientifica che ancora oggi utilizziamo. Un’altra opera fondamentale in campo botanico medicinale è il Circa instans attribuita al maestro salernitano Matteo Plateario (XI – XII secolo) che descrive oltre cinquecento piante, indicandone le varie specie e soprattutto classificandole secondo le loro proprietà medicamentose.

    Un grande contributo alla diffusione di trattati scientifici orientali fu opera del medico e letterato Costantino l’Africano che, dopo essersi convertito alla fede cristiana, rimase a Montecassino fino al 1087, anno della sua morte. La sua grande erudizione in grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, matematica, astronomia, negromanzia, musica e fisica gli ha permesso di tradurre in latino degli importanti manoscritti dell’epoca provenienti da altri Paesi. Costantino, giunto a Salerno da Cartagine, prima di entrare nel monastero di Montecassino, conobbe molti prìncipi del sud, tra i quali: Roberto d’Altavilla definito il Guiscardo, sua moglie Sichelgaita (anche lei con un ruolo importante in campo dei trattamenti con estratti naturali e quindi anche dermatologico) e il papa Alfano I che lo raccomandò all’Abate Desiderio (futuro papa Vittore III) per essere ben accolto nel Monastero di Montecassino. Tra le opere costantiniane più rilevanti ricordiamo: il Liber Pantegni (Tutta l'arte), rielaborazione del Kitab al-Malik o Liber regius di Ali Abbas, i dodici libri del Practica, particolarmente importante per il medico che “conserva la salute” e “cura la malattia”, il Diaeta ciborum, un testo innovativo per l’attenzione che era rivolta ai cosiddetti semplici, principi attivi estratti dalle piante e di riflesso anche per l’alimentazione. Un testo adottato dagli studiosi del medioevo è il Liber de coitu, dedicato al delicato tema della sessualità, attribuito a Costantino ma che è in realtà una traduzione di un'opera scritta da Ibn al-Jazzār (Circa 979) (Algizar) dal titolo Zad Al Mussafir (Viaticum peregrinantis), fondamentale opera di patologia in cui le malattie sono presentate secondo le manifestazioni cliniche, le cause e i loro trattamenti. Il testo esamina malattie e rimedi a capite ad pedes, la funzione sessuale sotto il profilo della fisiologia, tipi di disfunzioni e le malattie inerenti alla sfera genitale con un particolare riguardo alle malattie veneree. Anche se le notizie inerenti al sesso femminile sono riportate in modo superficiale, l’esposizione del lavoro è condotto con metodo rigorosamente scientifico; una ulteriore conferma che il sapere salernitano è all’avanguardia in tutti i campi di aspetto medico.

    La Scuola Medica Salernitana ebbe il suo massimo splendore tra il X ed il XIII secolo, specialmente per l'impulso datole dallo stesso Costantino, che fece meritare a Salerno il titolo di Hippocratica Civitas.

    Non possiamo trascurare l’importante ruolo del longobardo Alfano I (Salerno, 1015/1020 – Salerno, 9 ottobre 1085), noto come letterato per le sue opere poetiche. Ha iniziato la sua attività ecclesiastica come monaco nell’abbazia di Cassino e poi assunse il ruolo di Arcivescovo di Salerno. A lui sono attribuiti molti trattati di argomento medico tra cui: De quattuor humoribus corporis humanis e De pulsibus. Tra i rimedi semplici di natura vegetale citati da Alfano I troviamo il Tamarindo, la Cassia angustifolia, la Borragine, gli Asparagi e l’Oppio mentre tra i farmaci complessi citati nei suoi libri ricordiamo l’Ossimele (miele acido), il Mitridato o Mitridatis theriaca (così denominata da Galeno), il vomitivo del Patriarca (“Parla inoltre di ciò che giova in ajuto di quelli ai quali il medicamento purgativo non fece effetto, o ne fece uno soverchio. Poscia del vomitivo, e a chi debba darsi; che forza questo abbia e chi sia atto a riceverlo”) e la pozione di San Paolo, quest’ultima usata per il trattamento dell'epilessia, catalessi e gastralgie. Ad Alfano I bisogna anche attribuire, con il suo impegno politico dal 1058, il delicato compito di gestire politicamente la città durante la transizione dalla dominazione longobarda al governo normanno di Roberto il Guiscardo. Un ulteriore importante merito è in campo ideologico poiché, con un suo determinante contributo, partecipò attivamente ad una transizione culturale virando dallo stadio empirico-personale a quello scientifico-organizzato, cioè da una mentalità pratica ed essenziale dei primi tempi a quella teorica, dotta e speculativa, con una produzione scientifica originale, protratta poi nei secoli successivi. Infatti, egli stesso esalta la Schola, culturalmente all’avanguardia, scrivendo in alcuni suoi versi in latino: “…vi era fiorita talmente l’arte medica che nessuna malattia vi poteva allignare”. Nel sec. XII, anche lo storico Orderico Vitale attesta che Salerno è “maximae medicorum scholae ab antiquo tempore habebantur”.

    Nel 1231, l’autorità della scuola venne ufficializzata e regolamentata da Federico II di Svevia (1194-1250), lo “stupor mundi”, il cui merito più grande è stato l’impegno per la fondazione dell’attuale Università di Napoli.

    Purtroppo, l’inesorabile e definitivo declino della Scuola Medica Salernitana si ebbe con un decreto di Gioacchino Murat (1767-1815) che nel 1811 riconosceva come unica e ufficiale l’Università di Napoli. Determinando di fatto la fine della più antica, celebre e preziosa istituzione medica del mondo occidentale.

    https://www.huffingtonpost.it/blog/2022/04...nitana-9115028/
     
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    CITAZIONE (-Antonio87 @ 28/9/2023, 18:27) 
    Le componenti storico-culturali della Scuola Medica Salernitana

    La prima e la più rilevante istituzione culturale d’Europa per l’intero periodo medioevale, durante il quale conobbe il massimo splendore, e nei secoli successivi.

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    La storia del pensiero medico italiano ed europeo ha radici meridionali molto antiche e di queste le più importanti testimonianze giunte sino a noi sono tutt’ora oggetto di ricerche e di studi da parte di molti specialisti di diverse scienze. Un approfondimento dell’aspetto culturale, storico, sociale e politico del periodo medioevale ci aiuterà a comprendere meglio come si è articolata l’evoluzione della conoscenza medica e particolarmente di quella dermato-venereologica.

    Un ruolo di primaria importanza deve essere attribuito alla Scuola medica salernitana che, sotto l’aspetto medico-scientifico, è stata la prima e la più rilevante istituzione culturale d’Europa per l’intero periodo medioevale, durante il quale conobbe il massimo splendore, e nei secoli successivi. Infatti, la Schola ha avuto una determinante importanza nella creazione e nella conservazione di un corpo di dottrina medico-chirurgica e di un interesse per la ricerca scientifica.

    Infatti, la scuola salernitana ha determinato un fondamentale processo evolutivo culturale creando le basi scientifiche per la nascita della medicina attuale, testimoniate da alcuni testi di approfondimento didattico adottati per secoli da medici e studenti. Tra i più diffusi e longevi dell’epoca medioevale ricordiamo il Regimen sanitatis salernitanum, importantissimo per didattica, divulgazione di precetti terapeutici, norme igieniche quotidiane, rimedi vegetali, proprietà degli alimenti e loro attività terapeutica. Il testo ebbe un'enorme rinomanza e fu tradotto in quasi tutte le lingue europee, circa 40 edizioni, entro il 1501. Purtroppo, nonostante la notorietà dell’opera, alcuni studiosi ebbero poca considerazione della storia dei medici e della medicina salernitana, al punto che Girolamo Tiraboschi (storico della letteratura italiana, 1731-1794) nella sua Storia della Letteratura Italiana riportò che «le notizie riguardanti sia le persone sia le opere dei medici salernitani erano assai dubbiose ed oscure».

    Nel 1837, nella biblioteca del «Magalaenen Gymnasium» di Breslavia, fu ritrovato il Compendium Salernitanum, un’imponente raccolta di 35 trattati, estratti e rielaborazioni di testi salernitani. Gli studi del manoscritto del XII secolo da parte di August Henschel suscitarono un ampio interesse, in particolare anche nel medico e storico francese Charles Victor Daremberg (1817-1872) e nel medico e scrittore italiano Salvatore De Renzi (1800-1872), entrambi protagonisti nella ricerca storica medica medioevale.

    Le antiche radici della medicina medievale salernitana, archetipo di tutta la medicina occidentale, risalgono essenzialmente alla civiltà greco-romana e ai suoi esponenti, in particolare Ippocrate da Kos (460-337 a.C.) e Galeno da Pergamo (129-216 d.C.).

    La cultura greca, di cui Ippocrate è stato uno dei massimi rappresentanti, ha posto le basi della medicina sperimentale e scientifica; lo testimoniano il Corpus hippocraticum e il De Natura hominis. Si tratta di una medicina che, pur seguendo scoperte innovative, si integra con altre forme di medicina molto comuni a quell’epoca, come quella magica, religiosa e templare. Già Ippocrate introduce termini dermatologici come alopecia, herpes, erisipela, condiloma, lichen, oggi ancora usati. Anche il suo campo terapeutico è amplissimo comprendendo purganti (Ricino e Elleboro), diuretici (Prezzemolo e Sedano), astringenti (corteccia di Quercia), emetici (Issopo) e persino narcotici (Belladonna e Oppio). Un dato sorprendente e predittivo è che Ippocrate ipotizza addirittura che molte eruzioni cutanee non siano altro che epifenomeni di patologie sistemiche.

    In età imperiale romana, la teoria tetraumorale viene rielaborata da Galeno di Pergamo (129 - 201 d.C. circa) come sintesi di una complessa articolazione disciplinare tra scienza, nella sua parte teorica, e arte, nell’atto pratico. Nella pratica terapeutica, in base al principio fondamentale «contraria contrariis curantur», Galeno utilizza sia farmaci “semplici” (naturali) che “composti” (contenenti più semplici).

    Galeno e Ippocrate, pur avendo due approcci ben distinti al problema della malattia, sono considerati padri della medicina. Il pensiero di Ippocrate si orientava maggiormente sulla visione quanto più particolare e soggettiva del “malato”, mentre Galeno affrontava la “malattia” attraverso i segni oggettivi. Entrambi forniscono anche un modello diverso di insegnamento e del rapporto interdisciplinare fra auctor ed exspositor (commentatore e divulgatore degli scritti), le dinamiche saranno poi adottate nella didattica medica della Scuola Salernitana.

    Nel percorso evolutivo dell’antica medicina sono anche da menzionare Erofilo di Calcedone (330/320-260/250 a.C.) ed Erasistrato di Ceo (330/250 a.C.), autori ai quali si devono importanti acquisizioni di anatomia e fisiologia; ancor più nel I sec. d.C. Dioscoride Pedanio (40-90 d.C.), con il suo il De materia medica in cinque libri, resta un’opera di fondamentale importanza in ambito farmacologico per i successivi dieci secoli.

    Per meglio comprendere le complessità culturali dello sviluppo scientifico bisogna precisare che, nel corso del V secolo a.C., nelle vicinanze di Salerno, era già attiva la Scuola Eleatica; importantissima scuola medico-filosofica presocratica con la città di Elea come centro culturale.

    Questa colonia greca dell’antica Lucania entrò attivamente nella sfera politica e culturale ateniese e successivamente in quella romana con il nome Velia. L’ampio coinvolgimento della città nei culti, nella monetazione e nella tradizione è ben documentato anche da Platone e Plutarco che riferiscono nei loro testi il viaggio ad Atene di Parmenide e del suo allievo Zenone, personaggi di enorme risonanza nella stessa scuola. Operarono in questa fiorente scuola medica eleatica anche il militare greco Melisso di Samo (470-430 a.C.), anch’egli seguace di Parmenide, i filosofi Xenofane di Colofone (570-475 a.C.) e Leucippo (V sec. a.C.) ed infine il grammatico Stazio (45-96 d.C., rètore italiota e padre del più famoso poeta latino Publio Papinio). In età romana, Velia è ricordata per l’idroterapia fredda, il suo clima mite, l'ospitalità degli abitanti e l'alto tenore di vita, per questo mèta di numerose personalità politiche, tra le quali ricordiamo Cicerone, Paolo Emilio, Orazio e Bruto che, dopo l'uccisione di Cesare, si rifugiò nell’accogliente polis della Magna Grecia.

    Il medico e studioso Pietro Ebner (1904-1988), in seguito alle recenti scoperte archeologiche nella città di Velia, ha ipotizzato che a Salerno già erano presenti gruppi di medici di tradizione latina e che l’arrivo di cultori velini sia stato determinante al fine di orientare l’organizzazione della Schola sui modelli eleatici. Inoltre, ha stabilito che a Velia erano presenti le corporazioni definite Eterìe, importanti collegi di persone dotte a capo delle quali vi era il folàrco (pholarchos). La corporazione o collegio, alle quali sicuramente partecipavano anche le donne, era certamente in rapporto con il tempio di Asclepio. In supporto all’affascinante ipotesi di continuità culturale tra la Scuola Medica Eleatica e la crescita e l’evoluzione della Scuola Medica Salernitana, vi sono anche il ritrovamento, nella stessa Velia, di frammenti di un altare e di un pozzo attiguo, caratteristici dei santuari del dio della medicina, con la presenza adiacente di un sotterraneo per il culto infero dello stesso dio. In questo luogo, nei pressi di Porta Marina, è stata trovata anche una stele raffigurante Parmenide e una statua di Asklepios. In un’iscrizione ritrovata su uno di questi frammenti c’è un preciso richiamo all’Ouliades, riferito ad Apollo Oulios (termine che letteralmente significa “guaritore delle ferite”), che allevia i mali fisici dell’essere umano attraverso il padre Asklepios. Per la prima volta tutti questi ritrovamenti costituiscono una testimonianza concreta del grande prestigio medico-filosofico eleatico.

    Durante la caduta dell’Impero Romano (395-476 d.C.), le incursioni barbariche e le scorribande dei pirati saraceni, indussero le popolazioni delle campagne e dei piccoli centri indifesi, compreso i cittadini di Velia, a trasferirsi in città più grandi e sicure, come Napoli e Salerno; quest’ultima sicuramente la più vicina e famosa.

    La reale diffusione che portò ai più importanti progressi della scienza medica in epoca medioevale si sono concretizzati soprattutto attraverso scambi economici. La presenza dei porti a Salerno e alla vicina Amalfi è stata determinante per lo scambio di attività commerciali con altri paesi che sicuramente hanno contribuito all’acquisizione di molti influssi culturali. Grazie al ruolo decisivo del Mediterraneo, che ha favorito i rapporti economici, la cultura orientale penetrò notevolmente nell’Italia del Sud, lasciando un’importante eredità di civiltà e tecnologia. La tradizione medica salernitana non ha avuto un epicentro culturale ma si è formata in tutta l’area mediterranea; nella regione occupata dalla città di Salerno, crocevia di molte culture diverse tra loro, si realizzò quindi un ottimo esempio di sincretismo ideologico, culturale, politico e religioso.

    Le ricerche, sia classiche che recenti, sono confermate dallo storico e filosofo Paul Oskar Kristeller che, nel suo testo “Studi sulla scuola medica salernitana”, sottolinea l’evoluzione culturale di esperti medici empirici che conducono la Schola verso un vero e proprio Collegium doctorum. Anche Massimo Oldoni, studioso della storia e delle culture del Medioevo in Europa, afferma che la Scuola salernitana s’innestò su pregresse basi filosofiche e scientifiche. Tutti gli autori hanno evidenziato, oltre all’influenza della cultura greco-latina, l’apporto e l’influsso determinante della cultura bizantina con Gregorio il patrizio (intorno al ‘600), araba con Avicenna (980 - 1037), ebraica con Mōsheh ben Maymōn (Mosè Maimònide) (1135 – 1204), solo per citare alcuni nomi più noti. A quest’ultimo è attribuita la prima stesura del Regimen sanitatis salernitanum (1193), dedicata al figlio del Saladino.

    Con queste premesse, si può affermare che l’attività della Scuola Medica Salernitana non è collocabile in un preciso momento storico, ma è dinamicamente presente nella tradizione medico-terapeutica della regione, considerata da sempre un luogo favorevole allo studio e alle cure. Lo sviluppo della cultura scientifica si è mantenuto vivo attraverso l’azione e lo studio di molti medici attorno ai quali si sono formati gruppi di studenti che hanno permesso una continuità culturale e un approfondimento scientifico progressivo.

    Come prima accennato, il mediterraneo è stato il “trait d'union” di varie culture che si sono interfacciate tra loro e tra queste, una delle più importanti, è stata quella araba.

    La scuola di Alessandria, nel VI secolo d.C. ha avuto una enorme influenza nella formazione culturale bizantina e siriaco-araba fino a quando la tradizione medica bizantina fu travolta dalla decadenza dell’Impero Romano. Successivamente, dopo i successi bellici da parte degli arabi (642 d.C.), il centro culturale si delocalizza da Alessandria (dove lo stesso Galeno vi studiò per cinque anni) a Costantinopoli. La fusione con elementi della medicina greca conservatisi nella cultura latina, renderà il territorio fertile per la ricezione del pensiero di Galeno e altre fonti culturali – sia bizantine che arabe – accresciutasi dall’XI secolo d.C. in poi, quando ormai il dominio bizantino era in decadenza.

    Con il termine di medicina araba non si fa riferimento all’etnia araba, ma a una comunità intellettuale che condivide il sapere, nell’accezione più ampia del termine, con le leggi impartite dalla fede coranica.

    La medicina del mondo islamico, con la principale sede a Bagdad, rappresenta un capitolo di notevole importanza nella storia della nostra scienza ed ebbe enorme diffusione nei territori occidentali fra l’VIII ed il IX secolo; tutto ciò diede un nuovo impulso alla ricerca e allo studio della medicina ed in particolare alle malattie cutanee. Dal 622, anno dell’Ègira, la medicina araba, a sua volta, mostra il condizionamento dell’antico sapere greco influenzata ulteriormente da un substrato di carattere orientale; ciò si evince dalle numerose nozioni riguardanti l’igiene, la salute, le malattie e il loro trattamento. Cito brevemente Avicenna (980-1037) formatosi culturalmente su intuizioni e studi di Ibn Masawayh (777 - 857) (conosciuto in occidente come Mesuè il Vecchio) di origini persiane, e, sempre delle stesse origini, di Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā' (854 – 925), in breve al-Rāzī (Rhazes). Rhazes e Avicenna sono ritenuti grandi clinici medievali e tra i più influenti medici arabi sia in Oriente che in Occidente.

    La città di Baghdad, nell’830 d.C. con la Bayt al-Ḥikma (Casa della Saggezza/Sapienza) (una delle più importanti istituzioni culturali del mondo arabo-islamico), sarà di modello per nuove scuole a Cordova e, successivamente nel X secolo, anche Siviglia e Toledo. Le istituzioni ispaniche, nel XII secolo, saranno attive nelle traduzioni dall’arabo al latino di importanti testi medici, fondamentali per tante altre scuole arricchite dal passaggio del patrimonio medico arabo-andaluso dall’Oriente islamico all’Occidente cristiano. Nel territorio dell’Andalusia, ricorderemo Aven Roshd (Averroè) (1126-1198), Aben Zohar (1142-1216) e ancor più Avicenna, definito princeps medicorum, sapiente autore del Canone della Medicina (Qānūn), una ordinata e completa ricapitolazione della medicina ippocratico-galenica, e Il libro della guarigione (Kitab Al-Shifaʾ), un'enciclopedia scientifica.
    Questi testi comprendono i meccanismi della fisiologia umana, gli argomenti di microbiologia e la descrizione delle malattie a trasmissione sessuale. Avicenna valuta inoltre la differenza fra sindrome e malattia, descrive la pulizia e la medicazione delle ferite per una più precoce cicatrizzazione.

    Certamente il loro lavoro anticipa le scoperte delle future scienze mediche salernitane.

    Infatti a Salerno, centro del grande crocevia culturale internazionale, si procede sapientemente alla sistematizzazione, elaborazione ed aggiornamento dei testi e delle conoscenze dell’epoca.

    Quindi la Schola, intesa come centro di studio, di ricerca e di cura, si è sviluppata lentamente attraverso il confronto di più conoscenze e il contributo di singoli attori medici.

    I più importanti testi medici salernitani, giunti a noi, risalgono all’XI secolo; ne cito solo alcuni di interesse medico, ed in particolare dermatologico, come il Passionarius di Garioponto e il Circa instans di Matteo Plateario.

    Nell'XI secolo, il medico Garioponto (o Guarimpoto, un monaco di probabile origine longobarda, morto nel 1050) formatosi in questa scuola, scrisse il Passionarius, un trattato che riporta con precisione tutte le malattie allora conosciute indicandone il rispettivo trattamento. Uno dei maggiori meriti che gli si attribuisce è di tipo linguistico: egli, infatti, traducendo in latino -o latinizzando- termini di origine greca/araba/turca ha coniato lemmi come gargarizzare, cicatrizzare e cauterizzare, segnandone l’ingresso nella terminologia scientifica che ancora oggi utilizziamo. Un’altra opera fondamentale in campo botanico medicinale è il Circa instans attribuita al maestro salernitano Matteo Plateario (XI – XII secolo) che descrive oltre cinquecento piante, indicandone le varie specie e soprattutto classificandole secondo le loro proprietà medicamentose.

    Un grande contributo alla diffusione di trattati scientifici orientali fu opera del medico e letterato Costantino l’Africano che, dopo essersi convertito alla fede cristiana, rimase a Montecassino fino al 1087, anno della sua morte. La sua grande erudizione in grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, matematica, astronomia, negromanzia, musica e fisica gli ha permesso di tradurre in latino degli importanti manoscritti dell’epoca provenienti da altri Paesi. Costantino, giunto a Salerno da Cartagine, prima di entrare nel monastero di Montecassino, conobbe molti prìncipi del sud, tra i quali: Roberto d’Altavilla definito il Guiscardo, sua moglie Sichelgaita (anche lei con un ruolo importante in campo dei trattamenti con estratti naturali e quindi anche dermatologico) e il papa Alfano I che lo raccomandò all’Abate Desiderio (futuro papa Vittore III) per essere ben accolto nel Monastero di Montecassino. Tra le opere costantiniane più rilevanti ricordiamo: il Liber Pantegni (Tutta l'arte), rielaborazione del Kitab al-Malik o Liber regius di Ali Abbas, i dodici libri del Practica, particolarmente importante per il medico che “conserva la salute” e “cura la malattia”, il Diaeta ciborum, un testo innovativo per l’attenzione che era rivolta ai cosiddetti semplici, principi attivi estratti dalle piante e di riflesso anche per l’alimentazione. Un testo adottato dagli studiosi del medioevo è il Liber de coitu, dedicato al delicato tema della sessualità, attribuito a Costantino ma che è in realtà una traduzione di un'opera scritta da Ibn al-Jazzār (Circa 979) (Algizar) dal titolo Zad Al Mussafir (Viaticum peregrinantis), fondamentale opera di patologia in cui le malattie sono presentate secondo le manifestazioni cliniche, le cause e i loro trattamenti. Il testo esamina malattie e rimedi a capite ad pedes, la funzione sessuale sotto il profilo della fisiologia, tipi di disfunzioni e le malattie inerenti alla sfera genitale con un particolare riguardo alle malattie veneree. Anche se le notizie inerenti al sesso femminile sono riportate in modo superficiale, l’esposizione del lavoro è condotto con metodo rigorosamente scientifico; una ulteriore conferma che il sapere salernitano è all’avanguardia in tutti i campi di aspetto medico.

    La Scuola Medica Salernitana ebbe il suo massimo splendore tra il X ed il XIII secolo, specialmente per l'impulso datole dallo stesso Costantino, che fece meritare a Salerno il titolo di Hippocratica Civitas.

    Non possiamo trascurare l’importante ruolo del longobardo Alfano I (Salerno, 1015/1020 – Salerno, 9 ottobre 1085), noto come letterato per le sue opere poetiche. Ha iniziato la sua attività ecclesiastica come monaco nell’abbazia di Cassino e poi assunse il ruolo di Arcivescovo di Salerno. A lui sono attribuiti molti trattati di argomento medico tra cui: De quattuor humoribus corporis humanis e De pulsibus. Tra i rimedi semplici di natura vegetale citati da Alfano I troviamo il Tamarindo, la Cassia angustifolia, la Borragine, gli Asparagi e l’Oppio mentre tra i farmaci complessi citati nei suoi libri ricordiamo l’Ossimele (miele acido), il Mitridato o Mitridatis theriaca (così denominata da Galeno), il vomitivo del Patriarca (“Parla inoltre di ciò che giova in ajuto di quelli ai quali il medicamento purgativo non fece effetto, o ne fece uno soverchio. Poscia del vomitivo, e a chi debba darsi; che forza questo abbia e chi sia atto a riceverlo”) e la pozione di San Paolo, quest’ultima usata per il trattamento dell'epilessia, catalessi e gastralgie. Ad Alfano I bisogna anche attribuire, con il suo impegno politico dal 1058, il delicato compito di gestire politicamente la città durante la transizione dalla dominazione longobarda al governo normanno di Roberto il Guiscardo. Un ulteriore importante merito è in campo ideologico poiché, con un suo determinante contributo, partecipò attivamente ad una transizione culturale virando dallo stadio empirico-personale a quello scientifico-organizzato, cioè da una mentalità pratica ed essenziale dei primi tempi a quella teorica, dotta e speculativa, con una produzione scientifica originale, protratta poi nei secoli successivi. Infatti, egli stesso esalta la Schola, culturalmente all’avanguardia, scrivendo in alcuni suoi versi in latino: “…vi era fiorita talmente l’arte medica che nessuna malattia vi poteva allignare”. Nel sec. XII, anche lo storico Orderico Vitale attesta che Salerno è “maximae medicorum scholae ab antiquo tempore habebantur”.

    Nel 1231, l’autorità della scuola venne ufficializzata e regolamentata da Federico II di Svevia (1194-1250), lo “stupor mundi”, il cui merito più grande è stato l’impegno per la fondazione dell’attuale Università di Napoli.

    Purtroppo, l’inesorabile e definitivo declino della Scuola Medica Salernitana si ebbe con un decreto di Gioacchino Murat (1767-1815) che nel 1811 riconosceva come unica e ufficiale l’Università di Napoli. Determinando di fatto la fine della più antica, celebre e preziosa istituzione medica del mondo occidentale.

    www.huffingtonpost.it/blog/2022/04...nitana-9115028/

    Guarda un po' è stata messa in declino a favore di chi??
    Questi ci hanno derubato e condannato alla damnatio memoriae.
    Ah se i salernitani conoscessero meglio la loro storia che ignobile gesto rappresenterebbe una singola bandiera azzurra anche nell'angolo più remoto della nostra città. :no:
     
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    Ho un amico napoletano che è follemente innamorato di Salerno.

    Mi raccontava qualche giorno fa che una volta, mostrato il Duomo via internet a una persona, questa si arrovellò cercando di indovinare la città: Firenze, Venezia, Padova, Ferrara, Pisa. Le disse tutte tranne Salerno.

    Comunque la colpa è soprattutto nostra. E a questo mio amico ho fatto una confessione spassionata:

    La cosa che maggiormente invidio ai Napoletani, è il modo in cui difendono la loro memoria storica, i loro costumi, i loro personaggi.
     
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    CITAZIONE (-Antonio87 @ 20/10/2023, 23:44) 
    Ho un amico napoletano che è follemente innamorato di Salerno.

    Mi raccontava qualche giorno fa che una volta, mostrato il Duomo via internet a una persona, questa si arrovellò cercando di indovinare la città: Firenze, Venezia, Padova, Ferrara, Pisa. Le disse tutte tranne Salerno.

    Comunque la colpa è soprattutto nostra. E a questo mio amico ho fatto una confessione spassionata:

    La cosa che maggiormente invidio ai Napoletani, è il modo in cui difendono la loro memoria storica, i loro costumi, i loro personaggi.

    Perciò dico Anto che ci hanno condannato alla damnatio memoriae.
    I salernitani sono cresciuti per secoli e generazioni e crescono ancora non sapendo che Salerno era uno splendente faro di sapienza, civiltà e modernità, ignorando che quel faro è stato oscurato e poi spento proprio da quella STORIA e CULTURA che eleggono a imperante!!
     
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    Quando dedichi uno squallido viadotto ad Alfonso Gatto e un'anonima salita a Nicola Abbagnano, un pò te la sei andata a cercare.

    Poi nessuno impedisce di fare ricerca, di interessarsi:

    Posso ammettere che nell'era pre-internet fosse quasi impossibile sapere di Alfano, del Masuccio, di Elvira Notari, di Ulisse Caputo, ecc-ecc. Ma oggi gli strumenti ci sono.

    La pigrizia mentale del Salernitano medio non è certo colpa dei napoletani.
     
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    CITAZIONE (-Antonio87 @ 21/10/2023, 00:06) 
    Quando dedichi uno squallido viadotto ad Alfonso Gatto e un'anonima salita a Nicola Abbagnano, un pò te la sei andata a cercare.

    Poi nessuno impedisce di fare ricerca, di interessarsi:

    Posso ammettere che nell'era pre-internet fosse quasi impossibile sapere di Alfano, di Elvira Notari, di Ulisse Caputo, ecc-ecc. Ma oggi gli strumenti ci sono.

    La pigrizia mentale del Salernitano medio non è certo colpa dei napoletani.

    Certamente hai ragione.
    Ma diciamo che il faro a mare l'hanno buttato loro.
    Che poi i salernitani facciano finta di non vederlo è una cosa che ormai ho rinunciato a capirne le motivazioni perché non ce ne sono di sensate che non vadano nell'autolesionismo e la schizofrenia.
     
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    Sicuramente Salerno ha subito tentativi di cancellazione della sua memoria storica:

    Ma dai tempi di Gioacchino Murat sono passati oltre 200 anni. Bisogna crescere, chè altrimenti ragioniamo come i neoborbonici.
     
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    Morte a Murat! :D

    Bell’articoletto, ancora mi sfugge come tutto si concentrò a Salerno. Si parla di Velina nella vicina Lucania, dove poi tutto si trasferì a Salerno grazie al crocevia favorito dai porti sul mediterraneo, ho capito bene?
     
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    Salerno aveva ( e ha) una vocazione marina che poche città al mondo possono eguagliare.
     
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    " L'Europa non è un continente. E' un'espressione geografica, la parte più occidentale dell'Eurasia. E' un continente culturalmente, perchè riconosce di avere una cultura comune. Questa cultura comune nasce nell'11° Secolo, a Salerno"
     
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    Nun se sent nient...
     
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