MALTEMPO: FRANA ATRANI, MONITORAGGIO CONTINUO SU AREA

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. elman
        Like  
     
    .
    Avatar

    Group
    Member
    Posts
    5,545

    Status
    Offline
    di Rino Mele cronache


    Sembra abitata da api divine, Atrani, tanto è fitta di piccole case tra loro legate, celle, scale, archi, una struttura che annulla le differenze e fa di un popolo una straordinaria comunità, compatta come un suono. Dalla strada che porta ad Amalfi si può vedere la bella chiesa di San Salvatore de’ Birecto con l’ampia scalea maestosa: poi Atrani s’inerpica, sale, è una pioggia verticale, il bianco che scompare cupo, ad ogni curva di scale, nella parete che sopravanza. In alto, la chiesa di San Michele, poi la valle del Dragone: è il piccolo fiume che scorre da Scala ad Atrani, dove è stato in parte chiuso malamente sotto la superficie di una strada e quel carcere sopporta con angustia: a volte le sue acque torrentizie si ribellano come criniere di cavalli impauriti, si riversano fuori ad inondare le case. Apertesi un varco nella parte alta del paese, quelle acque tumultuose, giovedì pomeriggio, sono precipitate lungo le strette strade di Atrani annegando il respiro a chi si è trovato in quell’angoscia (in alcuni punti erano alte un metro e mezzo). La tragedia del Dragone ripete l’orrore dell’alluvione del 1954, quella in cui altri torrenti ferirono a morte Salerno e sconvolsero la Costiera e per sempre un paese vicino, Maiori. Poi, ancora una volta, negli anni Ottanta. Nel diluvio di giovedì, vittima è stata una giovane donna, Francesca Mansi (abbiamo tutti visto, nei vari telegiornali, il padre Raffaele aggirarsi nella piazza devastata -ingombra di melma e relitti- e aveva negli occhi la più disperata delle speranze. Siamo colpevoli (non testimoni, ma complici). Trattiamo la terra su cui abitiamo come non fosse un organismo vivo e non ne fossimo figli, cementifichiamo un fiume come se il fiume non avesse vita, creiamo inaudite strutture (per la Costiera, il monumentale auditorium di Ravello) soffocando la lieve tenera bellezza di un luogo senza chiederci se quello spazio ne sarà angustiato, forse soffocato. Disboschiamo preziosi boschi senza sentire la responsabilità della sofferenza e dello squilibrio che ne deriva a quella terra in pena, agli animali e a noi stessi: cospargeremmo di calce anche l’anima -delle cose e la nostra- se sapessimo farlo. La Costiera non serve soltanto all’economia e al turismo, è un grande bene in sé, per la sua inaudita bellezza: se vogliamo salvarla, questo pensiero semplice va ripetuto e compreso. Scala, Amalfi, Ravello e Atrani sono i quattro angoli di una costellazione, un fazzoletto d’aria, un quadrato che rispecchia antichi rapporti di forza e dipendenza reciproca e su cui il mare ha scritto la sua storia. Legato alla pietra e all’acqua, l’irripetibile stupore della Costiera non sopporta violenze, troppo fragile nella sua estrema bellezza.

     
    .
1 replies since 11/9/2010, 07:47   102 views
  Share  
.